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Immagina di dire al tuo computer: “Crea un’app che mi consiglia vini in base al cibo che ho in frigo”. E, in pochi minuti, eccola lì: un’app funzionante, senza aver scritto una riga di codice. Benvenuti nel mondo del Vibe Coding, dove programmare non richiede più manuali di sintassi, ma una conversazione in linguaggio naturale. Ma cos’è esattamente, e come sta cambiando il mondo del lavoro e della tecnologia? Scopriamolo insieme.
(tempo di lettura 5 minuti)
Il Vibe Coding usa l’intelligenza artificiale per tradurre istruzioni in inglese (o altre lingue) in codice funzionante. Secondo un’analisi del MIT-Sloan del 2023, gli sviluppatori junior che usano strumenti AI aumentano la produttività del 39%, mentre i senior arrivano al 16%. Questo significa che i giovani programmatori possono creare software più velocemente, ma anche che i veterani devono reinventarsi. Non è la fine della programmazione: come dice un rapporto recente di McKinsey, entro il 2030 molti sviluppatori passeranno da scrivere codice a supervisionare l’AI, un po’ come ingegneri che controllano un ponte progettato da un software. Il rischio? Alcuni ruoli ripetitivi potrebbero sparire, ma si apriranno opportunità per chi sa gestire l’AI con creatività e giudizio critico.
La magia del Vibe Coding è che non serve essere un mago del codice. Un impiegato di marketing, ad esempio, può descrivere un’idea per un sito web e ottenere un prototipo in ore, non settimane. Pensate a Sarah, una manager di un ristorante londinese: nel 2024, usando un tool AI, ha creato un sistema per prenotazioni online semplicemente descrivendo cosa voleva, senza sapere nulla di HTML o JavaScript. Questo apre le porte a chi ha idee ma non competenze tecniche, rendendo la tecnologia più inclusiva. Ma c’è un ma: senza una base di logica, i risultati possono essere imprecisi, come chiedere a un cuoco di improvvisare una ricetta senza conoscere gli ingredienti.
Non tutto luccica, però. Il Vibe Coding può generare codice che funziona, ma che nessuno capisce davvero. È il problema della “scatola nera”: un software perfetto all’apparenza, ma con bug nascosti o vulnerabilità. Un caso ipotetico segnalato da fonti fintech, un’azienda ha usato un’AI per sviluppare un sistema di pagamenti, solo per scoprire mesi dopo un errore che costò migliaia di dollari. La soluzione, come suggerisce uno studio della University of Pennsylvania, è mantenere sviluppatori umani che analizzino e validino il codice, bilanciando velocità e sicurezza.
Le aziende stanno già cavalcando l’onda. Prendiamo un esempio ipotetico: una startup di Milano che voleva un’app per monitorare le abitudini di sonno dei clienti. Nel 2020, ci sarebbero volute settimane; oggi, con il Vibe Coding, un team di due persone ha prodotto un prototipo in tre giorni, usando un’AI per generare l’interfaccia e integrando modelli preesistenti per l’analisi dati. Il trucco? Definire chiaramente i requisiti e testare ogni passo. Le aziende che adottano questo approccio risparmiano tempo, ma devono formare i team a collaborare con l’AI, non a dipenderne ciecamente.
Il Vibe Coding non è solo una moda: è un assaggio di come lavoreremo domani. Non sostituirà gli sviluppatori, ma li trasformerà in registi di un’orchestra tecnologica. Per curiosi di tech, è un invito a sperimentare, a pensare in grande e a non temere il cambiamento. Dopotutto, se programmare è come chiacchierare, chi non vorrebbe dire la sua?
Il Vibe Coding è un nuovo approccio alla programmazione che permette di creare software tramite semplici istruzioni in linguaggio naturale, senza scrivere codice manualmente. L’intelligenza artificiale traduce le richieste in codice funzionante, rendendo lo sviluppo molto più rapido e accessibile.
Il Vibe Coding accelera i tempi di sviluppo, permette anche a chi non ha competenze tecniche di creare applicazioni e aumenta la produttività degli sviluppatori esperti. È un modo per democratizzare la tecnologia, riducendo le barriere all’accesso.
No, non sostituirà i programmatori ma cambierà il loro ruolo. Gli sviluppatori diventeranno supervisori e registi del processo, concentrandosi sulla creatività, la sicurezza e la qualità del software, mentre l’AI si occuperà della scrittura del codice.
Il principale rischio è la “scatola nera”: il codice generato dall’AI può contenere errori o vulnerabilità difficili da individuare. Per questo è fondamentale che gli sviluppatori controllino e validino il lavoro dell’AI, evitando dipendenze cieche.
Puoi iniziare utilizzando strumenti come ChatGPT con GPT-4o o altri assistenti AI per generare prototipi. È consigliato avere almeno una base di logica e testare accuratamente ogni progetto, collaborando con professionisti per verificare la qualità del codice.