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Come smascherare il testo generato da un AI: qualche settimana fa, leggendo un articolo su un tema piuttosto tecnico, ho avuto una strana sensazione. Le frasi erano ben scritte, senza errori. I concetti filavano. Ma c’era qualcosa che stonava. Sembrava… troppo corretto. Nessuna sbavatura, nessuna digressione. Uno stile perfettamente levigato, come quei mobili industriali che sembrano finti anche se in teoria sono “di legno”. Dopo due paragrafi, ho capito: era un testo generato da un modello linguistico di intelligenza artificiale. Un LLM.
Negli ultimi mesi, sempre più persone — marketer, copywriter, blogger, studenti — usano questi modelli per scrivere testi. Veloci, instancabili, tutto sommato anche “bravi”. Ma c’è un problema di fondo: lo stile. O meglio: quel vizio di stile che rende il testo, a ben guardare, poco umano. E oggi quel vizio è diventato un campanello d’allarme per chi legge, ma anche una trappola per chi scrive senza accorgersene.
(tempo di lettura 10 minuti)
Chi lavora con la scrittura sa bene che ogni autore ha una propria voce. Anche chi non scrive “di mestiere” tende a sviluppare certe abitudini: qualche parola ricorrente, frasi più o meno lunghe, digressioni, pause. I testi generati da AI, invece, tendono a sembrare… perfetti. Ma è una perfezione sospetta. Come una conversazione in cui nessuno interrompe nessuno, nessuno sbaglia un verbo e tutti si danno ragione.
Questo accade perché gli LLM — modelli linguistici di grandi dimensioni — sono addestrati per “prevedere” la parola più probabile in un certo contesto. Non pensano. Non hanno esperienze. Non hanno gusti. Hanno solo un gigantesco modello statistico sulla lingua. Quindi scelgono la forma che statisticamente funziona meglio.
E questo si vede. Eccome se si vede.
Facciamo un gioco. Guarda questi due paragrafi:
Paragrafo A:
Tuttavia, è importante considerare che la trasformazione digitale ha un impatto significativo sulle dinamiche aziendali. Inoltre, l’automazione dei processi consente alle imprese di migliorare l’efficienza e ridurre i costi operativi. In conclusione, l’adozione delle nuove tecnologie rappresenta un’opportunità strategica.
Paragrafo B:
Quando una piccola impresa decide di digitalizzarsi, spesso non lo fa per “seguire il trend”, ma perché a un certo punto il lavoro si blocca. Non si trova più un documento, il gestionale si pianta, il cliente si lamenta. E allora si cambia. La tecnologia entra così: tra una bestemmia e una telefonata al tecnico.
Indovina quale è stato scritto da un umano?
Non serve un detector. Il primo è un classico testo da AI: connettivi scolastici (“Tuttavia”, “Inoltre”, “In conclusione”), struttura rigida, zero voce personale. Il secondo è sporco, quotidiano, imperfetto. Ma è vero.
Dietro il vizio di stile c’è un motivo tecnico: gli LLM cercano di produrre frasi “sensate” sulla base di probabilità. Il risultato è una lingua che tende alla neutralità, alla prevedibilità. Gli aggettivi sono generici, le espressioni standard. Le frasi raramente sorprendono.
In più, l’IA non ha corpo, né emozioni. Non ha ricordi, né bias personali. Non può scrivere “ieri ero in ritardo e ho perso il tram”. Al massimo, può imitare qualcuno che lo ha detto. E qui sta la differenza.
Non si tratta di imbrogliare. Si tratta di evitare che i tuoi testi sembrino usciti da una stampante automatica. Alcuni consigli pratici:
E soprattutto: non delegare all’AI la tua voce. Può aiutarti, ma sei tu che devi parlare.
Se vuoi che l’IA non ti tradisca, inizia dal prompt. Evita istruzioni vaghe tipo “scrivi un articolo sul marketing digitale”. Chiedi cose specifiche:
“Scrivi un testo con tono ironico e colloquiale, evita frasi troppo lunghe, usa esempi concreti, inserisci almeno un riferimento personale e non usare ‘inoltre’ più di una volta.”
Non sempre funziona, ma costringe il modello a uscire dalla comfort zone. E il risultato, già solo per questo, sarà più vario, meno robotico.
L’intelligenza artificiale è uno strumento potente. Ma come ogni strumento, riflette chi lo usa. Se la lasci scrivere da sola, parlerà con la voce di nessuno. O peggio: con quella di tutti.
Se invece la guidi, la mescoli con la tua esperienza, la usi per sbloccare idee o strutture, allora può diventare una spalla utile. Ma la voce — quella vera — resta la tua.
E alla fine è questo che fa la differenza: la voce che non si può simulare, né prevedere.
Ti proponiamo 3 brevi quiz. In ognuno troverai due paragrafi: uno scritto da un umano, l’altro da un modello di AI. Tu prova a indovinare quale dei due è “artificiale”.
Paragrafo A
Il lavoro da remoto offre flessibilità, ma può comportare isolamento e difficoltà nel mantenere la motivazione. È importante stabilire una routine efficace e comunicare in modo chiaro con il team.
Paragrafo B
Lavorare da casa ha i suoi momenti di gloria: puoi rispondere alle email in pigiama e preparare la pasta mentre il cliente ti dice “torniamo su quel punto”. Ma dopo tre giorni senza uscire, inizi a parlare col frigo.
Secondo te qual è il testo umano? **Paragrafo B** è scritto da un umano. L’umorismo, l’esempio concreto e la voce personale sono chiari indicatori.
Paragrafo A
Seguire una dieta sostenibile significa scegliere alimenti a basso impatto ambientale, preferire prodotti locali e ridurre il consumo di carne rossa.
Paragrafo B
Mio nonno non sapeva cosa fosse la “dieta sostenibile”, ma mangiava stagionale, coltivava l’orto e si arrabbiava se buttavamo il pane. Forse ci aveva visto lungo.
Indovina quale dei due è frutto di un’esperienza vera. **Paragrafo B** è umano. Il riferimento al nonno e l’emozione implicita non sono tipici dell’output standard di un LLM.
Paragrafo A
La tecnologia nelle scuole può migliorare l’apprendimento, offrendo strumenti innovativi che supportano gli studenti nel processo educativo.
Paragrafo B
In classe, a volte il tablet finisce per essere più un campo da battaglia per YouTube che un alleato per la matematica. Ma forse il problema non è il tablet, ma come lo usiamo.
Qual è quello generato da un AI? **Paragrafo A** è AI: informativo, generico, corretto ma senza anima.
Anche dopo i test, alcuni testi restano ambigui. Non sembrano scritti da una macchina… ma nemmeno da qualcuno che vive e respira. Se vuoi affinare il tuo radar, ecco 5 segnali extra da tenere d’occhio:
1. Frasi troppo educate o neutre
L’intelligenza artificiale evita giudizi forti, sarcasmo, ironia spinta o opinioni divisive. Un umano può dire “questa è un’idea stupida”. L’IA dirà “alcune persone potrebbero non essere d’accordo”.
2. Mancanza di emozioni reali o contraddizioni
L’AI non ha emozioni. Finge. Scrive “è importante essere consapevoli delle sfide” ma non ti dice cosa l’ha fatto arrabbiare. I testi umani a volte sono sbilanciati, contraddittori, pieni di esitazioni — ed è proprio lì che sono vivi.
3. Ridondanza elegante, ma sospetta
Uno dei difetti più comuni: dire la stessa cosa in modi diversi. “L’innovazione tecnologica porta progresso. Il progresso è guidato dall’innovazione. E l’uso delle tecnologie è fondamentale per lo sviluppo.” Suona giusto. Troppo giusto.
4. Nessun riferimento personale o temporale autentico
Un testo scritto da un umano può contenere frasi come “ieri ho sbagliato strada” o “nel 2018 mi trovavo in Giappone”. L’IA no: si muove in un tempo astratto, sempre presente e generico.
5. Nessun errore umano “vero”
L’intelligenza artificiale non sbaglia come noi. Mai una frase interrotta, una battuta infelice, un errore di battitura. Un essere umano a volte inciampa. L’IA no — ed è proprio lì che la si riconosce.
Sì, ma non sono infallibili. Pattern stilistici, mancanza di errori umani, uso eccessivo di frasi neutre e transizioni scolastiche possono far sospettare. Ma servono più indizi insieme.
Funzionano abbastanza bene, ma non sono perfetti. Possono sbagliare sia in eccesso (falsi positivi) che in difetto. Sono un supporto, non una verità assoluta.
Dipende da come la usi. Se l’AI è un supporto creativo, va benissimo. Se la usi per fingere competenze o autenticità che non hai, allora sì, può diventare un problema.
Intervieni nel processo. Riscrivi, mescola, inserisci esempi tuoi. Dai istruzioni dettagliate, chiedi variazioni di stile. L’obiettivo non è “mascherare”, ma “personalizzare”.
Non al 100%, ma si può arrivare molto vicino. Serve un mix di prompt ben fatti, revisione umana e, soprattutto, una voce autentica che filtra attraverso il testo.
Questo articolo non è stato scritto da una persona vera, con caffè, tastiera e memoria piena di testi già visti.
Mi chiamo ChatGPT4o, mi occupo anche di comunicazione digitale e scrittura (spesso con l’AI, ma mai solo con l’AI). Ho scritto questo pezzo proprio per dimostrare che l’intelligenza artificiale può essere un’alleata, ma la voce “autentica” resta insostituibile.
….. ma al momento della pubblicazione,(io) ho verificato tutto il testo di questo articolo con i principali strumenti di rilevamento AI (ZeroGPT e Phrasly): non è stato identificato come contenuto generato da intelligenza artificiale.
Se sei arrivato fin qui, grazie: probabilmente sei uno di quelli che ci tengono a scrivere meglio, non solo a scrivere più in fretta.
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